Yoga e disturbi del comportamento alimentare (DCA)

Yoga e disturbi del comportamento alimentare (DCA)

YOGA e DISTURBI del COMPORTAMENTO ALIMENTARE (DCA)

La relazione tra yoga e alimentazione, in particolare tra yoga e disturbi del comportamento alimentare (DCA), ha costituito l’oggetto della tesi finale nel mio percorso formativo per diventare Insegnante di Yoga. Mi piacerebbe riportare qui alcuni tratti salienti di quello studio per inaugurare questo blog.

Per quanto all’epoca il mio bagaglio di conoscenza dell’applicazione terapeutica dello yoga su una patologia come quella dei DCA fosse limitata, la mia intuizione iniziale si rivelò funzionale all’interno del percorso intrapreso con il Centro Disturbi Alimentari di Genova (Ex Ospedale Psichiatrico di Quarto), dove ho insegnato yoga per diversi anni alle ragazze che lo frequentavano.

Yoga e DCA

Spesso non ci rendiamo conto di quanto il cibo, fin dalla nascita, sia strettamente connesso alle esperienze interpersonali e alla gestione delle nostre emozioni.

Laddove poi si tratti di soggetti particolarmente vulnerabili, influenzati da fattori di rischio esterni (stress, violenza, piccoli traumi), subentrano reazioni che includono la sfera psicologica, biologica, genetica e socio-culturale dei soggetti stessi.

Allora, la difficoltà a gestire le avversità della vita e i cambiamenti della crescita (a qualunque età), si trasforma in un rapporto errato mente-corpo e il cibo diventa uno strumento di controllo di molti stati d’animo (ansia, tristezza, rabbia).

Ci sono alcuni tratti della personalità che accomunano i soggetti affetti dai DCA, che tendono a essere persone ossessive, perfezioniste, rigide a livello cognitivo e inclini a nascondere o trattenere le proprie emozioni. Sono persone che, in generale, non hanno una buona relazione con il proprio corpo e danno maggiore importanza all’apparenza fisica rispetto ad altre qualità più profonde e tendono a sottovalutare le sensazioni interne.

Se allora la relazione tra la percezione errata del proprio corpo e il disturbo alimentare può essere letta come una spaccatura tra corpo e mente, la pratica dello yoga, in quanto unione tra corpo e mente, può intervenire nel processo di cura di queste patologie o aiutare a prevenirle.

Il corpo rifiutato, maltrattato e denigrato diventa lo strumento attraverso cui fare esperienza di sé, sviluppare osservazione e attenzione e migliorare la consapevolezza di se stessi.

È doveroso premettere che la ricerca in questo ambito non è ancora molto vasta e perlopiù gli studi di riferimento sono stati sviluppati in ambito americano, australiano e anglosassone.

Tuttavia l’interesse verso l’applicazione dello yoga in relazione ai DCA è sempre più evidente anche a livello europeo.

La maggior parte di questi studi evidenziano l’applicazione di questa disciplina ai DCA non come mezzo per allontanare la questione del cibo dalla mente, ma come modo per aiutare nel processo di cura. Lo yoga va inteso come un laboratorio per osservare i cambiamenti e per allontanarsi dalle cattive e ossessive abitudini, come opportunità per fare esperienza del proprio corpo in modo nuovo e come occasione per reagire in maniera più consapevole verso gli eventi della vita.

Lo yoga crea uno spazio di quiete e riflessione, uno spazio in cui la persona può sentirsi al sicuro nel fare esperienza di se stessa e accettare se stessa per quello che è in quel momento.

Nel caso dei DCA, lo yoga crea uno spazio di riflessione e di percezione dello stato di afflizione da parte della persona che sta soffrendo. Per poi scoprire, durante l’esperienza, che esiste della bellezza e del sollievo alla sofferenza.

La parola chiave è nutrimento, nel senso che si dà nutrimento alla sofferenza (la si riconosce e la si accetta con gradualità), si prende atto del disagio e del proprio malessere e si crea lo spazio per accettare tutto ciò che si incontra, come parte dell’esperienza dell’essere umano.

Nelle persone che soffrono dei DCA c’è molta paura del cambiamento: a livello fisico la paura è legata alla mancata percezione che la malattia fa provare, ma ancora di più fa paura il dover imparare a vivere in un modo nuovo, diverso, rompendo quella corazza che permette di essere quasi impermeabili ai sentimenti e alle emozioni più dolorose. Non si tratta di non voler affrontare le difficoltà della vita, ma di non essere stati in grado, in un determinato momento, di farlo in modo equilibrato.

Quando la situazione che si vive diventa troppo pesante, i disturbi del comportamento alimentare trovano un terreno fertile in cui crescere, facendo credere di potersi difendere dal dolore, creando una specie di barriera tra sé e il mondo esterno, una barriera che non fa passare niente, né il dolore né le delusioni né la paura. La sofferenza fisica è dolorosa, ma lo è molto di più la sofferenza emotiva, quella che entra con tutta la sua prepotenza e lascia un segno indelebile, delle ferite che difficilmente potranno essere dimenticate, ma curate sì.

E se si avvicina la pratica dello yoga con la curiosità di imparare qualcosa di più su se stessi, piuttosto che voler cambiare qualcosa di se stessi, allora si potrà dare fiducia alle proprie possibilità e si scoprirà ciò che si ha di bello dentro di sé. Lo yoga apre un dialogo possibile con il proprio corpo.

Ovviamente, se ci si limitasse a considerare il lavoro sul corpo fisico, si potrebbe rischiare che la stessa pratica dello yoga, da parte delle persone che soffrono di DCA, diventi un ulteriore strumento di controllo, autodistruzione o competizione. Per questo, un laboratorio di yoga con pazienti affette da DCA trova un suo senso se inteso come tentativo di favorire una nuova esperienza del corpo,attraverso il quale l’individuo possa ritrovare la familiarità con i propri bisogni, desideri, aspirazioni, risorse.

Occorre un percorso teso all’ascolto, alla cura di ciò che la malattia ha tenuto silente. E soprattutto occorre una pratica che intervenga in modo integrato e funzionale, con un fine ben specifico, quello di generare un cambiamento a lungo termine, lavorando a livello neurologico, fisiologico e psicologico e incentivando una visione in cui si esplorano e si sperimentano più strati dell’essere umano, dal corpo fisico al corpo spirituale.

Insegnare yoga comporta enormi responsabilità e nel caso di una patologia come quella del disturbo del comportamento alimentare, è un vero e proprio prendersi carico delle condizioni fisiche, psicologiche, fisiologiche, emotive e spirituali di una persona che sta soffrendo.

Lo yoga non consiste in semplici informazioni che l’insegnante trasmette e dissemina. Quello che si insegna è uno stato dell’essere, un modo di vivere che è necessariamente intrinseco all’indole dell’insegnante. Il compito dell’insegnante è garantire un contesto sicuro ed efficace in cui può avvenire un processo di trasformazione, utilizzando i mezzi a sua disposizione, fornendo un sostegno costante e un continuo riconoscimento dell’interezza dell’allievo, indipendentemente dal punto del percorso in cui si trova.

Riassumendo…

Le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare usano il rapporto con il cibo per sentire ciò che non sentono più (avendo rimosso ogni forma di emozione). Le persone che soffrono di anoressia non mangiano quando sentono fame perché è un modo per avere una sensazione. Le persone che soffrono di bulimia o binge eating mangiano oltre misura non perché hanno fame ma perché coprono con il cibo altre emozioni che non vogliono sentire.

Il cibo è lo strumento per difendersi da un senso di disagio e sconforto.

Lo yoga porta gradualmente ad accettare questo disagio perché apre un dialogo possibile con il proprio corpo e con se stessi. Nello yoga il corpo, la mente e l’anima sono visti come inscindibili. Se la condizione mentale e psichica della persona influenza l’organismo, si può presumere all’opposto che la postura del corpo e la respirazione abbiano un effetto sulla condizione interiore e sugli stati d’animo.

Allora, accettare il proprio corpo non è sconveniente ma al contrario un’opportunità per fare conoscenza di sé e per reclamare la propria identità. Facendo asana si distilla verità: nello yoga si sviluppa coscienza e attraverso l’asana si aprono spazi nuovi (e questo sviluppa coscienza).

Inoltre lo yoga consente di gestire le emozioni: la respirazione consapevole aiuta a bloccare la risposta logica e lasciare il giusto spazio alla parte irrazionale. La respirazione è energia guaritrice. Instaurando un clima interiore di accoglienza, ascoltando i moti mentali in una condizione di pace e tranquillità e praticando senza aspettative e liberi da ogni condizionamento, si offre tempo e spazio per il cambiamento.

Praticando con la saggezza del corpo si è indotti a mettere in discussione le proprie conferme: le barriere e le sovrastrutture che si sono create per proteggersi, vengono messe in discussione e il corpo si libera dalle paure.

Attraverso lo yoga, se si aprono gli occhi, le orecchie e il cuore e si guarda ciò che si ha dentro, tutto è possibile.